Però il poeta italiano sostituisce con ottimo criterio sentimenti opposti (st. 56-57): un odio invincibile, accompagnato da tristezza e da rimorsi, che finiscono per ridurre ammalato il misero Filandro.
Qui è tuttavia da mettere in conto che uno stato d’animo consimile abbiamo anche in un’altra storia di scelleratezze, narrata da Apuleio nel decimo libro delle Metamorfosi (cap. XXIII-XXVIII). Ad essa deve Messer Lodovico l’ultima parte delle infamie di Gabrina.(1283) È la storia della femmina condannata alle belve, colla quale l’asino protagonista dovrà dare ai Corintî pubblico spettacolo delle sue prodezze erotiche. Costei aveva fatto morire di morte crudelissima una fanciulla, credendola amante del marito, mentre invece gli era sorella. Il marito non sa darsi pace; e il dolore profondo finisce per cagionargli febbri ardentissime, che rendono necessarî gli aiuti dell’arte medica.(1284) La perfida moglie(1285) trova un medico, già illustre per molte prove dello stesso genere, e gli promette cinquantamila sesterzi, qual prezzo di un veleno che la liberi del [342] marito.(1286) Conchiuso l’accordo, e preparata la pozione, il medico traditore già sta porgendola al malato, in presenza della famiglia, e d’altri amici e parenti. Ma la donna, per liberarsi del complice e in pari tempo non sborsare la somma promessa,(1287) gli ferma la mano: Non darà la pozione al marito suo carissimo, se prima non ne ha bevuto una parte egli stesso.(1288) Il medico, sbalordito, costretto a prendere un partito senza aver agio di riflettere, è sollecito a bere, prima che la titubanza possa destare sospetto.
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