L’infermo, fatto sicuro dall’esempio, tracanna il resto.(1289) Dopo di ciò il medico vuol tornarsene a casa tutto frettoloso, affine di salvarsi con un contravveleno. Sennonché la donna gli vieta il partire, se prima la bevanda non ha dimostrato alla prova i suoi effetti.(1290) Alla fine, dopo lunghe preghiere e scongiuri, lo lascia pur andare; ma egli ha appena il tempo di narrare ogni cosa alla moglie prima di esalar l’anima.(1291) Intanto, tra finte lagrime della moglie scellerata, muore anche l’infermo.(1292) Scorsi alcuni giorni, la vedova del [343] medico viene a chiedere il prezzo pattuito. E la perfida glielo promette, solo che le dia un altro poco del veleno. Avutolo, fa morire una sua figlioletta, per cupidigia dell’eredità. Insieme ne propina pure alla moglie del medico, la quale, accortasi troppo tardi, corre se non altro alla casa del magistrato, e avanti di cader morta, svela ogni cosa.(1293) Il magistrato sottopone prontamente alla tortura le ancelle dell’avvelenatrice; e cavata da loro la confessione della verità, condanna la scellerata alle fiere.(1294)
Questa che s’è esposta, è la storia di Gabrina, o della femmina di Corinto? - Se non fossero gli ultimi casi, la convenienza sarebbe tale, da potersi dire identità. Sulla fine l’Ariosto semplifica. Sopprime la moglie del medico, la figlioletta erede, e per conseguenza fa rivelare il misfatto dal medico stesso.
Così questa storia di Gabrina, per due terzi medievale, per un terzo antica, fornisce un’occasione opportunissima di paragonare il contegno dell’Ariosto di fronte ai suoi modelli, a seconda che appartengano al mondo classico o al romanzesco.
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