Prendendo dalla Tavola Rotonda, il nostro poeta muta molto più liberamente; egli sente il bisogno di ravvicinare alla realtà certi tratti dell’originale; soprattutto poi sostituisce un’esposizione sobria e succinta alla prolissità incomportabile dei romanzieri francesi. Invece un esemplare latino, appartenga pur anche alla decadenza inoltrata, risponde così a capello alle tendenze del suo spirito, che egli lo può riprodurre tal quale. Se modifica, è per ragioni differenti. In luogo di abbreviare, piuttosto allunga, e accresce qualche poco il fogliame. Insomma, i nostri Italiani del cinquecento riconoscono per genitori e fratelli i Romani ed i Greci, anziché i loro immediati predecessori del medioevo. La tradizione classica, non interrotta mai, s’è rannodata così saldamente e compiutamente, da far sparire una lacuna di più che mill’anni. Lo stesso cristianesimo non val punto a turbare l’accordo. Anche di Dio e delle cose religiose si ragiona piuttosto come Cicerone, che come S. Tommaso, oppur Dante. Il pensiero italiano è classico e pagano per eccellenza. Mutano le forme: la sostanza rimane la medesima.
[344] Il seguito dei casi di Zerbino e Gabrina mi dà un poco d’imbarazzo. S’è visto come ai nostri due personaggi, così accoppiati, corrispondano nel Palamedès il Morhault ed Helide. Ebbene, tenendo dietro alle avventure di costoro dal punto dove ci è convenuto far sosta,(1295) troveremmo scene da far ottimo riscontro a quelle del Furioso. Sgraziatamente non sono neppur qui le sole.
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