Meliadus gli promette il suo aiuto, e a stento riesce a condurlo seco ad albergo in un monastero. La mattina seguente ritornano sul posto, dove, dopo molti discorsi, vedono venire la brigata. Combattono con somma prodezza; ma l’esito è infelice: Absalon - così si chiama il cavaliere - è ucciso; Meliadus, malamente ferito, resta prigioniero. La donna spirerà poi sul cadavere dell’amante (f.o 475), e sarà sepolta con lui.
Ho addotto questo caso per illustrare Marfisa. In pari tempo, Meliadus può anche mettersi a confronto con Ruggiero e Ricciardetto, Absalon con Aldigiero, se appena vogliamo darci l’incomodo di ripensare all’arrivo in Agrismonte (XXV, 73). L’intervallo di una notte, che viene a frapporsi in ambedue i testi, giustifica sempre più il paragone. E anche per la [375] catastrofe sarà tutt’altro che inutile il badare a questo modello. Sennonché, non è già la donna di Absalon, che deve fornirci il riscontro per Malagigi e Viviano: bensì Meliadus stesso, rimasto, come s’è veduto, in potere del nipote del re di Scozia. Al posto di Ruggiero e dei compagni abbiamo Girone;(1442) per puro caso, non già a disegno. Scorgendo una brigata che si viene avanzando, egli si ritrae fuori di strada con un suo compagno, per conoscere di che si tratti. Ed ecco, vede venire sopra un ronzino, in mezzo a molta gente, un cavaliere legato,(1443) che appunto è Meliadus. Vederlo e formare il disegno di liberarlo, è per Girone una cosa stessa. Immaginiamoci poi quanto si raffermi nel proposito, allorché viene a sapere che questo prigione ha osato misurarsi con tutta quella schiera!
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