Contentiamoci di soggiungere, a modo di epilogo, che il genere è rappresentato copiosamente nei romanzi della Tavola Rotonda.(1446) Anche il Conte Matteo Maria ce ne dà il riflesso, dove narra la liberazione, prima d’Iroldo e Fiordelisa (I, XVII, 23), poi di Aquilante, Grifone ed Origille (II, III, 48), sì gli uni che gli altri condotti al drago del giardino di Falerina. Liberatore dei primi è Rinaldo; dei secondi, Orlando. Gli sconfitti paiono essere più assai che negli esempi francesi,(1447) ossia ci troviamo per questo lato più prossimi al Furioso. In ciò si manifesta un carattere peculiare, già segnalato altra volta,(1448) di tutto il nostro romanzo cavalleresco. L’esagerazione delle prodezze comincia a glorificazione dei personaggi; ed è poi continuata e spinta più in là con intenzioni di parodia.
Alle fatiche tien dietro il riposo. Riposo per Ruggiero e i compagni, non già per noi; ché quella fonte di Merlino, presso la quale i servi hanno apparecchiato un rinfresco (XXVI, 29), ha una storia ingarbugliata, che convien pure dipanare. Per riuscirvi meglio, ed insieme per evitare ripetizioni, giova chiamare a raccolta da tutto il poema gli episodî analoghi. E, senza la fonte, saranno tre; due sale: una dipinta, nella Rocca di Tristano (XXXIII, 1), un’altra ornata di statue, nel palazzo dell’ospite cornuto di Rinaldo (XLII, 73); poi, il padiglione di Cassandra (XLVI, 77). L’ultima venuta è la sala della Rocca, introdotta soltanto, come tutto l’episodio di Ullania, nell’edizione del trentadue.
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