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      A un Romano dei tempi di Augusto la storia del suo paese appariva un poema: per un italiano del cinquecento era una tragedia.
      Ma dopo aver faticato assai dattorno allo scudo, Lodovico mutò proposito. Forse la materia abbracciata gli parve troppo [383] sproporzionata per una superficie di qualche piede. Poi, una così lunga enumerazione di fatti metteva a dura prova la pazienza del lettore. Però il nostro poeta provvide alla verosimiglianza materiale estendendo lo spazio; all’interesse, determinando e limitando il soggetto. Delle due modificazioni, questa seconda gli dovett’essere suggerita dal suo retto criterio o da qualche buon consigliere. Della prima si son già visti antecedentemente i fattori: le sale stesse per cui l’Ariosto s’aggirava, e il Boiardo. Rispetto al quale può anche notarsi che là dove Lodovico racconta per disteso come pittore della sala fosse Merlino (XXXIII, 7), si direbbe che agissero su di lui ripulsivamente, se posso così esprimermi, quei versi di Matteo Maria:
      Chi fu il maestro non saprebb’io dire,
      Il quale avea quel muro istorïatoDe le gran cose che avea a venire,
      Né so chi a lui l’avesse dimostrato.(1480)
      (II, XXV, 43.)
      Salvo la previsione del futuro, il Boiardo immagina l’opera sua eseguita con mezzi naturali. L’Ariosto non già: la sua sala,
      Merlin col libro, o fosse al lago Averno,
      O fosse sacro alle Nursine grotte,(1481)
      Fece far dai demonii in una notte.
      (XXXIII, 4.)
      Modo, tempo, esecutori, convengono colla Sala di Malagigi;(1482) e non è troppo improbabile che fossero suggeriti da quel poemetto, variante ancor esso del tipo dei Padiglioni.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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