(1547) Però qui, dov’egli era stato così felice, vuol abbandonarsi al suo dolore e trovare l’ultimo riposo. Discende, si toglie l’elmo, la cuffia ed ogni altra armatura, lascia andare il cavallo, col proposito di non montare mai più in sella, e quindi, sedutosi accanto alla fontana, ricomincia il suo meraviglioso lamentare. Dacché s’è partito da Tyntaiol, egli non ha più assaggiato cibo.(1548) Qui riesce nuovamente a scoprirlo la donzella di Palamidesse, e rinnova i suoi vani sforzi. Per ben otto giorni non lo lascia se non la notte, che essa va a passare nella torre. Di là gli porta da mangiare e da bere, ma senza mai riuscire a fargli prender nulla. «Il ne lessoit oncque son duel; e tant en fesoit, qe la damoisele s’en merveilloit trop estrangement, ou il pooit prendre tant de lermes il gitoit de ses yeulx.»(1549) La mattina dell’ottavo giorno lo trova tutto nero e livido,(1550) sicché lo crede prossimo a morte. Un’arpa, da lei rinvenuta nella torre, serve a distrarlo alquanto. Tristano trova qui il Lay Mortel, che avrebbe ad essere il canto del cigno. Se non è, la colpa non è sua. Egli vorrebbe bene uccidersi e farla finita; ma la mancanza di un’arma gli attraversa il disegno. «Quant il voit que il ne le puet fere, adonc li vient au cuer une si grant rage, et une si grant forcenerie li monte en la teste, q’il en pert tout le sens et la memoire si plainement, q’il ne set
q’il fet, ne se c’est Tristans ou non. Il ne li sovient mes d’Yselt ne du roi Marc, ne de riens qe il oncque mes feist.
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