Come impazzisse, non s’era detto ancora: a questa omissione ripara il Palamedès. Daguenet, che nel Lancelot è un vigliaccone di prima forza, secondo questo nostro romanzo (f.o 733)(1574), sarebbe stato in origine un cavaliere assai prode, che innamoratosi di una fanciulla, ne avrebbe ottenuto la mano col rendere al padre un segnalato servigio. Sennonché, appena fatte le nozze, Helior, un perfido compagno, rapisce la sposa. Il povero Daguenet ammala, e finisce per smarrirne la ragione. Guarito di corpo, va errando senza vestimenti per boschi e foreste, a guisa di belva.
[405] Questa storia è narrata da un cortese valvassore ad Hervy de Rivel, che il giorno stesso era stato testimonio delle follie dell’infelice. Nudo qual era, egli aveva messo al disotto un uomo armato, e colla spada strappatagli di mano, gli aveva data la morte sotto i suoi occhi (f.o 728). L’ucciso, come si vien poi a sapere, è appunto Helior, l’infedele amico. Però l’episodio fa pensare all’incontro con Medoro (Fur., XXIX, 58). La somiglianza è affatto generica: Medoro non è ucciso; bensì il cavallo (st. 63): né Orlando sa punto - quantunque sia con lui Angelica - di aver a che fare coll’avventuroso rivale.(1575)
Ma proseguiamo colle cose viste da Hervy. Prese le armi e il cavallo dell’ucciso, e montato in sella, Daguenet si sprofonda in pensieri, e resta immobile a lungo, non altrimenti che se fosse morto. Riscossosi, scende di nuovo: «Et après gette le glaive oultre les brousses(1576); et son espee d’un autre costé. Après oste son heaulme de sa teste et le gette entre les brousses, la ou il les vit plus espesses, au plus loing de luy qu’il peut.
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