Et quant il a en telle maniere toutes ses armes depparties, il oste son haubert de son dos et le met dessoubz la nege; et puis oste ses chaulces et les met en ung autre lieu.»
[406] Questo passo dà un eccellente riscontro per la stanza 133 del canto XXIII. Peccato che i pretendenti alla paternità di quella povera ottava siano parecchi! Ben è vero che il diritto dell’uno non esclude quello degli altri. Anzi, qui, come in varî casi consimili, bisogna proprio ammettere la pluralità dei padri. Poiché la scena s’incontra in parecchi episodî d’impazzimento, come dubitare che l’Ariosto non ne deva ad essi l’idea? Ma pure non furono i soli a cui pensasse. Per un’associazione necessaria, nonché naturale, corse ad una certa scena, a noi già nota in parte,(1577) del Tristan, dove s’aveva la dispersione delle armi, senza ammattimento di sorta. E dico una, perché una sola ha parentela sommamente probabile col Furioso e richiede la nostra attenzione; di altre somiglianti non è qui da occuparsi.(1578)
Palamidesse, essendo stato vinto da un cavaliere che non è della Tavola Rotonda - Tristano, non ancora famoso, e che nasconde gelosamente il suo nome - deve, in forza del costume, smettere le armi per un anno ed un mese. Adunque, dopo l’indispensabile lamento (I, f.o 35), «il deslace son hiaume et le giete en voie, tant loing come il puet de lui. Et puis desceint ses .II. espees et les giette autresint; et son escu, et son haubert, et toutes ses armeüres.»
Fino a qui, che ragione di scorrazzare fuori delle pazzie?
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Ariosto Tristan Furioso Tavola Rotonda
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