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      91). Se ora succedesse soltanto la zuffa per Frontino, non mi ci fermerei neppure un momento. Ma nasce un [413] arruffìo di contese, di cui non s’è ancor visto l’uguale. Ché agli altri fuochi, sopiti soltanto, non spenti, s’aggiunge la questione per L’aquila bianca del famoso Ettorre (XXVI, 99), che Mandricardo non sa tollerare d’aver comune con Ruggiero.
      Questa contesa è già nell’Innamorato (III, VI, 39),(1596) come accenna (st. 101) lo stesso Ariosto, il quale non fece che rimetterla in campo. Con essa, anche presso il Conte di Scandiano se ne intreccia un’altra (st. 45). Sicché si può dire d’avere là dentro l’idea prima dei nostri viluppi. Ma Lodovico fa fruttare quel modesto capitale come forse nessun altro saprebbe. È un processo di evoluzione che permette di indicare le origini con parole brevissime, al contrario di quanto succede allorché c’è composizione di elementi diversi.
      Stavolta la sospensione delle ostilità non avviene nella maniera solita. Lo spirito fatto entrare Nel mansueto ubino di Doralice (st. 129), è parente di quello che l’eremita cacciò in corpo al cavallo d’Angelica (VIII, 32), con intenzioni meno sante d’assai. Malagigi usa qui ancora dell’arte sua per scampo dei cugini, come gli accadde di fare non so quante volte, cominciando dal testo francese dei Quatre fils Aimon, e scendendo giù giù alla caterva dei nostri romanzi toscani.
      Corro assai più che non mi sia accaduto fin qui. E come no? Sono ad una parte del poema in cui c’è facoltà descrittiva, ingegnosa combinazione di particolari, eleganza di stile, ma invenzione assai poca.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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