(1604) L’idea della scena tra Doralice e Mandricardo (st. 31-44) proviene dalla Tebaide, e propriamente dagli sforzi d’Argia per trattenere lo sposo Polinice in procinto di partire contro Tebe (II, 332-63).(1605) Proviene, senza che ci sia imitazione. Il poeta nostro ha ritessuto la tela in tutto e per tutto, solo conservando certe fila della trama. I personaggi, le cose che dicono, i sentimenti che provano, sono concezioni sue proprie, che rivelano, come tante altre parti del poema, un ingegno altamente drammatico, mirabile nel concepire una situazione, nel compenetrarsene, nello svilupparla. Si potrà forse trovare che il carattere di Mandricardo, quale qui ci si rivela, non è propriamente quello che conosciamo dal resto del poema; il tono com’egli parla, le lagrime, quei momenti di debolezza, possono parere un’inconseguenza. Se anche ciò fosse, la scena, considerata in sé medesima, non cesserebbe d’essere una gran bella cosa; e d’altronde bisogna pur consentire ad ogni uomo certe pieghe riposte dell’animo, le quali non si rivelano nei soliti contatti col mondo. Fare i caratteri tutti d’un pezzo, rigidi, inflessibili, sempre ad una sola faccia, si stima per solito un pregio: a me sembra molto spesso un’ingiuria solenne alla verità.
[417] La descrizione del duello (XXX, 16-69) è qui più particolareggiata d’ogni altra che ancora si sia avuta. Non contien nulla di cui s’abbia a dare un conto speciale: gl’incidenti sono gli stessi d’ogni descrizione consimile, rappresentati, s’intende, con un’arte di gran lunga più fine che quella degli altri poeti.
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