Sempre celando il suo essere, e facendosi chiamare lo Strano - nome di cui restano le tracce anche presso l’Ariosto(1608) - vien [418] quindi a Parigi, dove, per la Pasqua, si trova raccolta gran baronia, e domandata giostra, scavalca l’un dopo l’altro ben seicentoventi cavalieri. Mentr’egli è intento a rodere un osso più duro d’assai, cioè a combattere con Orlando, ecco giungere Rinaldo, che s’era messo in cerca dell’abbattitore dei fratelli. A forza di preghiere riesce a farsi cedere il posto dal cugino, e fa lunga battaglia col figliuolo, finché alla fine questi si dà a conoscere. La festa, e del padre, e di tutta la corte, s’immagina senza bisogno di descriverla.
Di qui pertanto prese Lodovico l’idea di far combattere Guidone coi Quatre fils Aimon, appena egli è libero dal sequestro postogli da Pinabello. Per il nostro poeta - mi permetterò di rammentarlo - Rinaldo e gli altri non sono più padre e zii, bensì fratelli del giovane cavaliere.(1609) Le quattro prove (XXXI, 8-13) si seguono nello stesso ordine che hanno nell’Ancroia, e appunto come colà, Ricciardetto, Alardo, Guicciardo, sono abbattuti alla prima, mentre con Rinaldo la battaglia dura a lungo, e nessuno dei due avversarî può dirsi vincitore. Ma tutte le altre circostanze vengono dalla Tavola Rotonda. Guidone non combatte già di proposito deliberato contro i suoi. A caso scontra cavalieri per via (XXXI, 8), e giusta il costume degli Erranti, domanda giostra, e l’ottiene.
Con un’usanza siffatta bisogna si dia spesso il caso che senza conoscersi combattano l’un contro l’altro cavalieri strettamente congiunti da legami di sangue, o di mutua benevolenza.
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