Invece è una novità quel far testa ad Arli (XXXI, 84). Se ne domandi ragione alla strategia. L’Ariosto era troppo intendente d’arte militare per far condurre la guerra colla fanciullesca ingenuità dei nostri romanzieri popolari. Non si abbandona dopo una sola rotta un paese conquistato. E d’altra parte la scelta d’Arli era indicata dalla stessa tradizione, la quale narrava di sanguinose lotte, avvenute là dattorno fra Cristiani e Saracini, e ad esse riconnetteva gl’innumerevoli sepolcri, che facevano, per dirla con Dante, tutto il loco varo (Inf., IX, 115).(1614) Che questa, e in particolare il passo dantesco, sia davvero la causa della scelta, s’intravede anche dal canto XXXIX, st. 72:
Se ne vede ancor segno in quella terra;
Ché presso ad Arli, ove il Rodano stagna,
Piena di sepolture è la campagna.
Poche osservazioni sono bastate per sbrigare lunghi tratti del poema. Se qualche cosa non spiegano, gli è che non c’è bisogno di spiegazioni di sorta. Certo nessuno ne chiede per i ragguagli che Fiordiligi dà, prima a Rinaldo e poi a Brandimarte, della pazzia d’Orlando e dei fatti che noi già conosciamo al pari di lei (XXXI, 42-46; 61-62). Solo, la cooperazione dei demonî di Malagigi alla vittoria cristiana, sostenuta da alcuni, e non negata né affermata dal saggio e cauto Lodovico (st. 86-87), ci farà legittimamente risovvenire che Malagigi sapeva anche nell’Innamorato mettere in campo schiere [421] infernali in forma di guerrieri; e che infatti ricorreva a cotal genere di ausiliarî nel canto XXII della parte II (st.
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