Una spiegazione sufficiente non la troverei di certo senza conoscere l’Innamorato, e senza riflettere alla straordinaria efficacia che sul pensiero e sulla fantasia esercita l’associazione delle idee.
Questo che s’è detto, non ci faccia perdere di vista un altro elemento. Qui si contende per Baiardo, che durante il combattimento fugge lontano (XXXIII, 87-88), come altrove per [422] Angelica, che fugge ancor essa, o per l’elmo di Almonte, che è sottratto. Però, salvo la differenza innegabile tra una bellissima fanciulla e un cavallo, abbiamo qui rinnovato un episodio venutocisi ad offrire fin dal primo canto, e del quale si diedero altrove le ragioni.(1616) Questa famiglia di episodî è forse la più numerosa di tutto quanto il poema. Sarà dunque lecito, venendo innanzi un nuovo individuo, non starne a dir per disteso, nome, cognome, patria, origine, ecc. ecc. Qui aggiungo solo una parola per rincalzare un appunto.(1617) L’Ariosto fu male ispirato nel dipingere i caratteri dei Saracini. Mandricardo s’è appropriato, senza conquistarla, la spada d’Orlando. Pazienza! Si poteva avere in conto di cosa abbandonata. Ma ora Gradasso, che, dopo avere con parole altisonanti accusato immeritamente Rinaldo di non essersi presentato colà dov’era pattuito che s’affrontassero, più fortunato dell’avversario nel ricercare Baiardo, non ritorna ora lui al luogo dove si doveva definirne la lite, e vigliaccamente dichiara a sé stesso, che ama meglio tenerselo tranquillamente, anziché averlo a contrastare con altri (XXXIII, 94), non può proprio essere la medesima persona, che, per desiderio d’avere quel cavallo, s’era mossa dall’India ed esposta ad ogni pericolo (Inn., I, I, 5). Un poltrone qual è qui il personaggio rappresentato dall’Ariosto, avrebbe pensato che la vita si perde una volta sola, mentre infine, per portare un uomo sul dorso, un cavallo asiatico, comperato a contanti, valeva bene altrettanto come la famosa bestia di Rinaldo.
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