La novella, messa in bocca all’ostiere d’Arli, serve ad illustrare la sentenza pronunziata da costui: non esserci alcuna moglie fedele; ossia - e farà il medesimo - essercene una sola ed unica, che ciascuno, naturalmente, crede esser la sua (XXVII, 136). L’idea corre da un pezzo. Essa è in fondo quella stessa che il Boiardo aveva fatto prorompere dalle labbra di Orlando dopo le prime beffe dell’ingrata Origille:
Sia maledetto chi si fida maiPer tutto il mondo in femmina che sia.
Tutte son false, a sostenerl’a prova(1658);
Una è leale, e mai non si ritrova.
(II, III, 46.)
E gia nel Lais du Mantel Mautaillé, di cui toccherò altrove (cap. XIX):
L’en ne porreit que treis troverEsprovees de leiauté.
Li siecles est si atorné
Que chascuns en cuide une avoir.
(V. 656, ed. Wulff.)
Ma donde ebbe Messer Lodovico questo racconto, da sostituire agli scorni di Pharamont e di Meliadus, che bisognava qui espellere di necessità, se si voleva evitare una delle solite tautologie, così biasimevoli nel Palamedès?
Donde, non è ancora il momento d’indagarlo; bensì è nota da un pezzo l’analogia del racconto ariosteo colla cornice delle Mille e una Notte. I rapporti non sono i medesimi in ogni parte: ora si fanno più stretti, ora si allentano; ma, salvo un certo preludio, che s’ha nell’Ariosto e non nella novella araba, abbracciano il racconto da un capo all’altro. Indicherò, se mi si permette, le somiglianze e le differenze più notevoli.(1659)
[437] I protagonisti sono nella novella orientale Sciahrijàr e Sciahzemàn, nella nostra Astolfo e Giocondo, fratelli nella prima, non congiunti da alcun vincolo di sangue nella seconda.
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