Conviene tuttavia rilevare che Giocondo ha egli pure un fratello, e che questo fratello č in corte di Astolfo, in gran favore presso il re Longobardo. Poco cimporta di sapere chegli si chiami Fausto; bensė č cosa notevole che il suo ufficio si riduca a servire di legame tra i due attori principali: raggiunto questo scopo, il poeta lo butta in disparte, come la cannuccia che ci č servita per sorbir acqua a un ruscello. Sciahrijār e Sciahzemān sono re: il primo, signore dellIndia e della Cina; laltro, re della Tartaria; invece luno dei nostri due č un semplice privato. Sennonché si guardi un poco addentro: anche Sciahzemān ossia appunto il parallelo di Giocondo, non possiede il regno da sé, bensė lo riceve dal fratello primogenito. E sempre egli rimane poi un inferiore ed un vassallo: circostanze poco meno che indispensabili al procedimento dellazione.
La differenza principale in cui prima cimbattiamo, anzi, la maggiore di tutto quanto il racconto, sta in ciō, che nelle Mille e una Notte manca assolutamente il motivo della bellezza. Non aggiungo qui altro, dovendo ritornarci sopra pių tardi; avverto solo come Sciahrijār sia un fratello che vuol rivedere un fratello, non giā un bello bramoso di giudicare coi suoi proprî occhi di un emulo in avvenenza, dal quale lo si osa dir vinto.
Del resto, linvio per Sciahzemān e quello per Giocondo, si rassomigliano, compresa la circostanza dei doni che si mandano. E Sciahzemān e Giocondo aderiscon del pari allinvito. La novella nostra colorisce la situazione insistendo quanto mai sullamore del marito per la sua donna, e facendo di costei una simulatrice a tutta prova (XXVIII, 12-17).(1660) Uguale poi la partenza, uguale, e determinato da un motivo analogo,(1661) il [438] ritorno inaspettato, identica la dolorosa scoperta.
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