Narra poi come sia senese, moglie a quell’uomo, che per gelosia la porta attorno nella cassa ogniqualvolta deva andarsene da Siena. E a Siena la tiene rinchiusa in una specie di prigione senz’uscio, alla quale si scende per una bodola che risponde nella camera dove il marito attende il giorno alle cose sue, venendo poi a lei la notte. Ma essa ha scavato una buca, nascosta dal letto, per [445] la quale fa entrare chi le piace, e per la quale a volte esce anche fuori lei stessa. Parendole tempo di lasciarli, li prega di un contentino; e avuto per di più in dono dal re un ricchissimo anello, ripiglia il suo posto, e desta il marito, che rinchiusola di nuovo nella cassa, con quella in collo si rimette in via.
Al re pare vano andarsene più oltre «tapinando per lo mondo», avendo imparato «che la femmina guardare non si può che non fallisca». «E pertanto ti dico», egli soggiunge, «che a Napoli ritorniamo, e con onesto modo le donne nostre castighiamo, né mai malinconia di tal fatto prendiamo. - E così disposti, a Napoli tornaro, dove ciascuno con bel modo la moglie castigoe.»
Chiaro come qui s’abbia una narrazione che viene a mettersi terza accanto a quella delle Mille e una Notte ed all’ariostea. E istituito un raffronto, essa ci apparisce legata da vincoli suoi proprî coll’una e coll’altra.
Volgiamoci prima all’oriente. - Lasciando le convenienze speciali di ordine meramente negativo e in generale tutto ciò che potrebbe dar luogo a dubbio, si portino gli sguardi sulla parte dove Astulfo scopre, e quindi palesa al re, l’oltraggio fattogli dalla moglie.
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