E l’occasione alla dolorosa scoperta è la medesima: un ritorno solitario ed improvviso. motivato qui come là dalla dimenticanza di un prezioso gioiello.(1682) Uguali poi ancora gli effetti che la scoperta produce sull’infelice marito: invece della semplice malinconia di cui parla il Sercambi, s’ha altresì uno sfiguramento fisico,(1683) che sparirà ancor esso non meno che la tristezza dopo aver assistito allo spettacolo della sciagura altrui. Quanto alle accoglienze di re Astolfo e di Sciahrijàr all’ospite desideratissimo, nulla aggiungono per sé medesime, potendosi dire conseguenza necessaria dei dati che ho indicato di sopra.
La novella ariostea e la sercambiana risalgono dunque indipendentemente a un comune progenitore. E quel progenitore spettava già all’occidente: testimonio il nome «Astolfo». Che se l’idea messa innanzi riguardo all’altro nome «Fiammetta» cogliesse nel segno, s’avrebbe anche una prova indubitata (un indizio fornisce già «Astolfo» stesso) che il progenitore era italiano. E «Fiammetta» dissuaderebbe altresì dal risalire oltre la metà circa del trecento, dacché riesce troppo difficile non attribuirne l’impulso al Boccaccio.
Si può anche osar di soggiungere che il racconto a cui per tal modo facciam capo non discendeva dalla narrazione delle Mille e una Notte quale sta dinanzi a noi, bensì da una redazione posta più su nella stirpe. La prova migliore sono i [449] maltrattamenti alla regina, attestatici primitivi da riscontri indiani significantissimi.(1684) E, pur trattandosi di cose modificabilissime per effetto dell’ambiente(1685) e però assai meno atte a permettere deduzioni, non ho da tacere come l’India, e con essa la Persia, portino del pari a riconoscere più somiglianti al prototipo lo stronco del Sercambi e il nano dell’Ariosto, che il negro del racconto arabo.
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