Le armi deciderebbero senza dubbio in favore del re di Sarza, ed allora, secondo la costumanza del royaume de Logres, egli avrebbe il diritto incontrastabile di condurla via seco, salvo poi la possibilità di perderla quanto prima alla stessa maniera. Ma qui Rodomonte viola ogni legge cavalleresca, agisce con una brutalità ingiustificabile, e potrebbe solo mettersi a confronto collo spietato Breusse e con giganti. È questo un denigramento che già fu [459] ricondotto a cause e concetti generali.(1714) Il volo del povero frate (XXIX, 6), metterò con quello dell’asino per mano del pazzo Orlando.(1715)
Tutto ciò, per un ricercatore di fonti, è un terreno ben arido. A fatica si ritrova qualche filo d’acqua, che subito si sperde nell’arena. Per rianimarci un pochino giunge assai a proposito la nobile fine di Isabella (XXIX, 8-30). Lodovico, dopo aver combattuto con ragionamenti la morale della favola di Giocondo ed Astolfo, ci tiene a cancellarne l’impressione anche con un esempio singolare di virtù femminile, che costituisce una vera palinodìa. L’esemplare fu già noto agli eruditi del cinquecento. Che Isabella ritragga Drusilla di Durazzo, disse il Fórnari (Spositione, I, 466), e dietro a lui ripeterono il Lavezuola e i posteriori. Di costei aveva narrato la pietosa storia Francesco Barbaro, nel suo trattato De re uxoria,(1716) dedicato nel 1416 in occasione di nozze a Lorenzo de’ Medici, trisavolo del Granduca Cosimo I. Bisogna che anch’io la riferisca, o meglio, che riporti le proprie parole dello scrittore veneziano.
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