Al suo germano, e fior d’ogn’altra bella,
Perch’ella di beltate il sole avanza.
Morì nel parto allor Galacïella:
E’ duo fanciulli vennero in possanzaD’un barbassor, il qual è nigromante,
Ch’è del tuo regno, et ha nome Atalante.
(II, I, 73.)
Orbene, tutto conduce a farci ravvisare codesta fanciulla in Marfisa: la parte insigne data a lei nel poema; l’ignoranza in cui ci si è sempre tenuti circa la nascita sua; la qualità di donna guerriera, che è da presupporre quasi di necessità nella [511] figliuola di quella Galiziella, che fu ormai tipo e progenitrice di tutta la specie. Sicché, o l’Ariosto penetrò sagacemente il pensiero del suo antecessore, o forse ne fu istrutto da lui medesimo, o da qualcuno dei tanti, uomini e donne, che avevano avuto con lui famigliarità.
Del resto, i due gemelli erano dati al Boiardo dalla tradizione. Come già si vide,(1947) l’Aspramonte in prosa di Andrea da Barberino (l. I, cap. XLIV), oltre alla versione che faceva ardere Galiziella dopo la caduta di Risa, ne conosceva pur una, secondo la quale il fratello Almonte l’avrebbe salvata, mettendo un’altra al luogo suo e lei mandando segretamente in Africa ad una torre. Ma non tutti, e forse nessuno, si contentavano di campare la donna. «Alcuno altro disse ch’ella ebbe un figliuolo maschio e una femmina.» Queste parole accennano evidentemente all’opera di un continuatore. La versione più antica è qui senza dubbio la più semplice: quella in cui la sorella d’Almonte muore sotto Risa abbruciata. L’altra dovett’essere un trovato di taluno che volle andar innanzi col racconto, e narrare altri casi, o di Galiziella stessa, o piuttosto di chi aveva bisogno del suo scampo per venire al mondo.
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