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      I nostri amanti ricevono quivi ospitalità assai cortese. Mentre si è a tavola, ecco sopraggiungere i due figli, in compagnia di un estraneo. È Palamidesse, che al riconoscere Isotta, smarrisce, e non ha più potere di mangiare. La notte sono in tre a non prender sonno: Tristano, Palamidesse, e Guidaban, uno dei due figliuoli dell’ospite, accesosi [522] di Isotta e deliberato di acquistarla ad ogni patto. Si leva dunque di buon mattino per andarsi ad appostare sul passaggio. Il fratello, che gli vuol bene assai, saputo di che si tratta, va con lui per aiutarlo. Ecco sopravvenire Palamidesse, anch’egli con uguali intenzioni. Siccome i giovani non celano nulla del loro disegno, s’appicca un accanito combattimento, in cui Palamidesse tien testa da solo ai due avversarî. Mentre si combatte, passano di là Isotta e Tristano. E ancora non si sono allontanati di molto, che di grande galoppo li raggiunge Palamidesse: «Il avoit sa bataille menee a fin: car il avoit ocis Guidaban, et li autres freres s’en estoit fouiz tout a pié, navrez moult durement.» Ed ora, stanco com’è, si mette a una nuova battaglia, per togliere Isotta. Si giostra: al primo colpo eccolo abbattuto insieme col cavallo, ferito aspramente. Egli sviene; Tristano lo potrebbe uccidere; invece, senz’altro fare, si parte colla regina.
      Questi casi giovano anche ad illustrare in parte la seconda narrazione. Ché, invertito l’esito, la storia di Cilandro costituisce anche il prologo della storia di Tanacro (XXXVII, 51-55). Questo prologo tuttavia ripete più propriamente l’origine da un altro racconto del medesimo Tristan (I, f.o 20)(1979), del quale di sbieco Cilandro pure s’avvantaggia.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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