Del Guerrino è bene da ritenere una forma antecedente il Rambaldo,(2030) che la convenienza del prologo, e di un prologo spiccatamente personale, porterebbe a credere, nonostante qualche ragione in contrario, opera del medesimo Andrea. Posteriore è invece da reputare senza titubanza il Fortunato, che di tutta questa progenie è il rampollo d’assai più corpulento.(2031)
Or dunque, il Prete Janni (Prete Zane) s’incontra di già nell’Ugo dei codici berlinese e torinese.(2032) Non starò qui a definire la posizione del suo regno; la geografia di questo e [531] d’altri libri consimili è in molta parte una scienza esoterica, della quale solo con lunghi e assidui studî si può forse trovare la chiave. Ma a noi basta di sapere esser quello l’ultimo paese abitato da uomini: al di là, Ugo incontra belve e mostri d’ogni fatta, demonî, luoghi di pena, quindi, a forza di risalire il Tigri, le sorgenti di questo fiume e di tre altri, il Paradiso terrestre, l’Inferno.
Il testo di Padova non nomina il Prete Janni, e al suo posto ci dà un cotale Tadìo.(2033) Ma se la veste non fa il monaco, il nome non fa la persona. Ai dominî suoi Ugo giunge in modo poco meno meraviglioso di quello che Astolfo alla Nubia, rimontando il Tigri dentro ad una navicella che va da sé stessa. La prosa toscana in qualche punto apparisce più vicina all’Ariosto: ché, mentre col codice di Torino, e indubbiamente anche col berlinese, vi abbiamo di nome e di fatto il Presto Janni, e col testo di Padova la navicella meravigliosa (l. II, cap.
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