L’atto è ben naturale;(2049) eppure, secondo me, fu appunto suggerito dal bastone di Fineo:
Ergo ubi jam Minyas, certamque accedere Phineus
Sentit opem, primas baculo defertur ad undas.(2050)
(IV, 433.)
Già altre volte si è potuta infatti accertare la verità del principio, che un’idea ne suscita colla stessa facilità una simile od una contraria.
Non mi pare il caso di prendere in esame ogni singola minuzia, né d’insistere su cose non certe. Così il doppio convito (st. 119, 125) ha riscontro in Virgilio (III, 224, 229). Io stimo probabile un rapporto di causalità; tuttavia non tutti saranno forse di tale opinione. Se il resto mi si concede, dichiaro di non voler fare uno scisma per questo disaccordo. Invece m’importa più di rilevare come per solito i cavalcatori dell’ippogrifo compiano imprese derivate dalla mitologia antica. Essi - e s’intende senza difficoltà la ragione - vengono a [536] sostituirsi a personaggi non meno privilegiati. Ciò accade qui pure; ché Zeti e Calai, nella loro qualità di figliuoli d’un vento, sono provvisti di ali al pari di Perseo.(2051) Quello che Astolfo può dire di non aver comune con nessuno, è il corno.(2052) Se n’è discorso una volta,(2053) e non c’è bisogno di ritornarci sopra. Ma di questo suo arnese non si glorii poi tanto il nostro Paladino. Procaccia vittorie troppo a buon mercato: come la lancia d’oro, come lo scudo d’Atlante. Che cosa facciano i veri prodi di roba siffatta, ce lo mostrò Ruggiero.(2054) Tuttavia, se si può dare un caso dove anche ad un cavaliere sia lecito ricorrere a mezzi di cotal genere, certo è il presente.
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