(2078) Come ciò è riferito all’ingrata, prima non crede; poi, avutane certezza, si ravvede: troppo tardi per camparlo, ancora in tempo per confortare i suoi ultimi istanti e vederselo morire tra le braccia. In quella medesima spelonca si dà splendida sepoltura a Febus. Né più si riesce a trarre fuori di lì la donzella, che vi muore essa pure, e vi è seppellita.
Dubiteremo noi di ravvisare nella Lidia del nostro poeta la figlia del re di Norhombellande?(2079) - No davvero; come [541] d’altra parte non dubiteremo di riconoscere nella fanciulla britanna, per quanto ringiovanita di secoli e acconciata in tutt’altra foggia, l’Anassarete di Ovidio (Met., XIV, 698-758). Ora, con Ovidio e colle Metamorfosi Messer Lodovico una discreta famigliarità ce l’aveva! Però, qual meraviglia che rielaborando l’imitazione, si rammentasse anche dell’originale e ne traesse partito? In che modo egli spiegasse a sé medesimo i rapporti tra le due storie simili, io non so dire: forse rettamente, forse no; più probabilmente non pensò per nulla al problema, e solo avvertì il fatto delle somiglianze. Comunque, un certo ravvicinamento alla forma primitiva è innegabile in Lidia. Il romanziere francese aveva trasferito i casi a un’età più moderna: Lodovico reintegra l’antichità ne’ suoi diritti, sostituisce di nuovo i paesi orientali agli occidentali, ci trasporta in mezzo a Lidî, Traci, Panfilî, e altra gente siffatta. S’intende che questo processo di trasformazione il poeta non lo applicava tanto in ossequio di chi glielo suggeriva, quanto per assecondare le sue tendenze specifiche, le quali lo traevano sempre verso il classicismo e tutto ciò che si riconnettesse con quello.
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