Seguire fino alla sorgente il corso del Nilo, come aveva fatto Astolfo (XXXIII, 126), era un condursi diritti colà. Ché, secondo la geografia medievale, fondata nientemeno che sulla Genesi, i quattro fiumi principali della terra escono da un’unica fonte, posta nella dimora beata dei primi uomini.(2082) Di uno di questi fiumi il nome appariva già nel testo biblico originario, ed era l’Eufrate; un secondo, il Tigri, vi era designato in modo non dubbio, e aveva quindi preso posto risolutamente nella versione dei Settanta e nelle traduzioni latine; ma anche rispetto ad un altro, il «Ghihon», rimaneva poco luogo a incertezze, una volta che nel paese di «Cush», per cui esso scorreva, si ravvisava l’Etiopia, della quale gl’interpreti non si peritavano di sostituire il nome.
Tertius inde Geon, latio qui nomine Nilus,
si diceva dunque, molti secoli dopo che la cosa era ammessa,(2083) nel De initio mundi di Avito (v. 263); e l’identificazione venne ad essere ribadita in modo saldissimo nelle menti [543] medievali, per l’ufficio di banditore che prese ad adempiere Isidoro, Etym., XIII, 21. Orbene: in conseguenza della comune origine, qualunque si rimonti delle quattro correnti, si farà capo all’Eden. Gli è, come s’è detto,(2084) seguitando il Tigri che Ugo d’Alvernia vi si conduce nella redazione dei codici di Berlino e Torino;(2085) lungo il Nilo, nella versione toscana.
Del resto non sono Ugo ed Astolfo i soli eroi del ciclo carolingio a cui sia dato di pervenire a quelle regioni felici.
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