Nel quale non è meraviglia se c’incontriamo in questa regione; essa è da un pezzo il ricovero dei sottratti alla morte: singolare ed invidiabile privilegio, che una tradizione assai diffusa attribuiva a Giovanni fino dai primi secoli della Chiesa. Ben è vero che per la prima volta, per quanto io sappia, vediamo l’Evangelista mostrarsi ai visitatori mortali, ricacciando in seconda linea Enoc ed Elia (st. 59), i quali fin allora avevano sempre fatto da soli gli onori di casa.
Appunto da costoro anche Ugo aveva ricevuto di quelle medesime frutta, che sono pur date ad Astolfo.(2096) Ma adesso l’Ariosto, senza trascendere i termini del decoro, prende un [546] tono di parodia, e trasporta lassù i bisogni e le abitudini del nostro basso mondo (st. 57; 60-61). Egli rappicca la tradizione di Luciano e de’ suoi imitatori. E certo anche l’andata alla luna, sul carro che già Da’ mortali occhi Elia levato avea, rammenta piuttosto l’Icaromenippo,(2097) che la terza Cantica dell’Alighieri con tutta l’innumerevole schiera de’ suoi progenitori,(2098) salendo su su fino all’ Anabatikòs d’Isaia e al Testamento di Levi. Ché invero, poche cose eccettuate, quasi tutto ciò che nel mondo lunare si vede dal figliuolo di Ottone, muove ed è animato da intendimenti satirici: in primissimo luogo la mirabile valle delle cose perdute (st. 73-85). E la satira non ha più che fare col mondo cavalleresco né coi viaggi oltraterreni; questi danno solo il pretesto, o, se si vuole, la cornice, per esporre alla vista e alla derisione universale le debolezze umane.
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