Quanto al ritorno (XXXVIII, 24), dà poco da dire al poeta, e meno ancora a me. Ché non intendo già, a proposito dell’erba additata da Giovanni perché serva a risanare dalla cecità il Senàpo, introdurre qui un trattato sulla virtù delle erbe, secondo le credenze del medioevo. Poiché il medicamento viene da un essere sovrumano, mettiamolo col famoso fiele di pesce indicato dall’Angelo a Tobia.(2103) Ma giova poi rammentare che Fra Filippo da Bergamo, discorrendo ascoltatissimo di queste nostre regioni e del loro principe, aveva dato la seguente notizia: «Indus autem lapis preciosissimus ad Joannem præsbyterum ab aquilis dicitur miraculose quasi perferri: qui ad servandum oculorum lumen et ad illud restituendum plurimum confert, si in anulis gestetur».(2104) Ed io non so se di qui potesse mai esser nata l’idea di far cieco il Presto, e in conseguenza di essa l’altra di attribuirgli i casi di Fineo. Il quale tuttavia è meno fortunato di lui: la vista, ch’io sappia, non gli è restituita.
Coi soccorsi ottenuti dal riconoscente monarca (XXXVIII, 28) Astolfo assalirà Biserta, la capitale d’Agramante. Quei luoghi potevano serbar memoria d’aver visto cose simili, quando, nella seconda guerra punica, Scipione passò in Africa a minacciare Cartagine, ancor egli aiutato efficacemente nell’impresa da un re africano. Ma anche senza l’esempio classico, l’Ariosto avrebbe immaginato qualche cosa di simile. L’arte della guerra suggeriva l’invenzione.(2105) La parte africana ha fatto la sua mossa afforzandosi in Arli: tocca alla cristiana a fare la sua.
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