La liberazione dei prigionieri di Rodomonte (XXXIX, 29-33) avviene in tutt’altro modo dal solito, per effetto del nocchiero, [550] capitato inavvedutamente tra i nemici, alla maniera dell’Androgeo virgiliano nella notte fatale della distruzione di Troia (Aen., II, 370);(2111) se pure non sarà più esatto il dire che l’analogia della situazione che aveva qui immaginato portò il poeta a rammentarsi di quel luogo e ad imitarlo; a quel modo che la similitudine della serpe gli richiamò a mente un passo, disparato affatto, di Giovenale (Sat., I, 44), conducendolo ad intingere anche lì dentro il pennello.(2112) Sia di ciò quel che si voglia, ci accorgiamo che l’azione volge al suo termine: si riducono insieme tutti i personaggi, si raccolgono da ogni parte le fila disperse. Però si pensa a liberare anche Dodone (st. 22-24), prigioniero fino dalla battaglia di Monico nell’Innamorato.(2113) Poi, c’è Orlando da risanare. Ed eccocelo apparire con grande schiamazzo e menando strage, in guisa da sembrare come un superlativo del Daguenet di una scena già riportata.(2114) Quella scena tuttavia era essa stessa un’imitazione del Lancelot,(2115) quando nell’ultimo impazzimento l’infelice nipote d’Artù entra in Corbenic, la terra del re Perles.
Non è senza motivo che faccio qui menzione un’altra volta di questo modello.(2116) La guarigione di Lancilotto dalla principale tra le sue pazzie è forse, tra i casi analoghi, il meno discosto dal rinsavimento d’Orlando.(2117) Essendo in Corbenic, il poveretto s’addormenta ad una fonte.
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