7a. Orlando ha preso il posto di Pericon da Visalgo; la spada, il cavallo, l’armatura, quello della bellissima Alatiel e delle sue donne. In quanto poi Orlando ritrova inopinatamente la spada sua [558] propria e la ritrova per l’appunto al momento del bisogno, egli ci ricorda la rara fortuna di Astolfo, quando nell’Innamorato (I, XIX, 30) esce d’Albraccà per combattere, dopo esser stato prigioniero nel campo ed averci lasciato l’armatura e la famosissima lancia:
Ora ascoltati che bella venturaLi mandò avanti Dio del ciel quel giorno:
Che proprio ne la strata se scontravaIn un che l’arme e sua lanza portava.
Combinazioni siffatte, in questa parte del poema ariosteo, tutta grave ed epica, stonano forse un pochino; ma al poeta giovano, perché gli servono come di scorciatoie per arrivare alla catastrofe. È dello stesso genere l’incontro di Agramante con Gradasso, sull’isola dove il re africano ha cercato rifugio dalla tempesta (XL, 46).
Il vano tentativo che Brandimarte fa la vigilia del combattimento per volgere Agramante al cristianesimo (XLI, 37-45), si può dir rampollo di una famiglia, che nel ciclo di Carlo è numerosa assai. Alla stessa schiatta appartengono gli sforzi d’Orlando per convertire Ferraù,(2149) oppure Agricane (Inn., I, XVIII, 41). E più stretta è la parentela colle istanze che Fierabras, pagano convertito al pari di Brandimarte, vien facendo al padre Balan, il quale gli risponde con fierezza ancor maggiore che Agramante non faccia. Il nostro episodio poteva anche non conoscere questo suo parente; quanto a ciò, non affermo né nego;(2150) invece mi pare assai difficile che Agramante ignorasse come esortazioni consimili a quelle che sono qui rivolte a lui, fossero già state fatte, e con esito uguale, al nonno suo Agolante nelle parti d’Aspramonte.
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