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      (2151) E chi allora le faceva, era Balante, un antico e affezionato vassallo, battezzato di fresco: ossia un uomo sulle cui labbra il chiamar Signore il re [559] africano,(2152) non era semplice formola di cortesia. Quasi si direbbe che il nostro Brandimarte dinanzi al figliuolo di Troiano, appunto si credesse d’esser Balante in cospetto del suo principe.(2153)
      Sul combattimento (XLI, 68-102, XLII, 6-19), sorvolo come sempre; in episodî cosiffatti si può spigolare, non mietere. Certo nel suo genere è questo il più bell’esempio che ci sia offerto dal poema, e soprattutto le scene ultime, la sorte crudele di Brandimarte, l’ira d’Orlando e la fiera vendetta, indi la morte dell’infelice sposo di Fiordiligi, resteranno sempre una delle cose più mirabili, e del Furioso, e in generale della nostra poesia narrativa. L’animo del nipote di Carlo prova qui ciò che ripetutamente gli toccherà poi di soffrire in Roncisvalle per la morte de’ suoi compagni d’arme. Sennonché i narratori della dolorosa rotta trascorrono su quegli incidenti senza cavarne un gran partito. Però, in mancanza di meglio, mi contento di segnalare l’uccisione e la vendetta fatta di Sansonetto nel Morgante (XXVII, 10-16; 27-34). A un episodio molto simile al nostro avrebbe soprattutto potuto dar luogo la morte di Ulivieri: ma in effetto non diede.(2154)
      [560] Torniamo alle imitazioni coi funerali d’Agrigento (XLIII, 164-80). Ché, confrontando le pompe funebri di Pallante presso Virgilio,(2155) non solo ritroveremo Orlando in Enea, Bardino(2156) in Acete, ma vedremo continuatamente, ora conformità, ora analogia.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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