(2192) Del resto, già un’altra volta Rinaldo s’era disamorato a quest’acqua (Inn., I, III, 35). E il nostro poeta se ne ricorda assai bene; tanto bene, da [570] esprimere l’atto con parole più che somiglianti,(2193) e da far poi tener dietro nella mente del cavaliere i pensieri medesimi.(2194) Il mostro e il misterioso soccorritore appaiono qui dunque la parte nuova. E nuovi rimangono, quantunque col primo, e col combattimento che Rinaldo sostiene contro di lui, si accompagni non male un altro mostro non meno orribile, che in un bosco del Mambriano assale Orlando, e gli dà lunghissimamente da fare (IV, 38-61). Quello ancora è opera d’incanto; né Orlando, per sua sola virtù, riuscirebbe a venirne a capo.(2195)
Uscendo dalla selva, esco anch’io dagli sterpi. Rinaldo tira via senza fermarsi fin oltre il Po, di là da Mantova (st. 68-69). Altrettanto farem dunque noi pure. Insieme con lui accetteremo altresì l’ospitalità del cavaliere cortese. Rispetto alla quale non ci accorgeremmo, se altro non s’aggiungesse più oltre,(2196) che meritasse di essere ravvicinata a quella offerta nella Cerva Bianca (II, 65) - un poemetto di Antonio Fregoso già rammentato altrove(2197) - da Apuano all’autore e protagonista. E sta bene ravvicinare i ricetti a cui l’Innamorato e Apuano conducono i loro ospiti: magnifici entrambi, ancorché non nel medesimo grado, ed entrambi ampiamente descritti.(2198) I confronti di particolari sarebber forzati e son da lasciare in disparte; bensì avremmo da fermarci a contemplare sotto altro rispetto la fontana ariostea delle statue profetiche, se di essa non si fosse ragionato da un pezzo.
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