(2235) Carados continua sempre ad essere la fenice della corte d’Artù. Le sue disposizioni [578] d’animo sono le medesime che nel Perceval e nel Lais del corn; sennonché qui esse ricevono uno svolgimento assai maggiore, che le rende sempre più meritevoli di considerazione. Il cavaliere era tutto contento perché la sua dama, trattenuta a letto da un’indisposizione, non s’era trovata alla prova. Ma la contentezza è turbata. Esaurita con esito infelice la messe, si ricorre alla spigolatura. Costei deve ancor essa vestirsi e venire nella sala, dove le è presentato il mantello. Allora Carados, tutto addolorato,
Oiant toz dist: Ma douce amie,
Por Dieu, ne l’afublez vos mieSe vos vos dotez de neient;
Quar je vos aim tant bonement,
Que je ne voudreie saveirVostre mesfait por nul aveir.
Mieus en vueil estre en dotance(2236)
Por tot le reiaume de France
N’en voudreie je estre cert.
(V. 805.)
Qui noi abbiamo un buon riscontro per Rinaldo, che rimuove da sé la coppa fattagli porgere dall’ospite (XLIII, 6-7), a quel modo che nei due esemplari antecedenti s’è trovato un corno da potersi confondere col nappo ariosteo. Credo di non andare troppo oltre colle mie induzioni, se argomento da queste somiglianze che Lodovico, oltre al Tristan, al quale ci guidano orme sicure (XLIII, 28),(2237) conobbe qualche altro testo, e fors’anche non uno solo. - Quelli stessi che si sono esaminati da noi, o invece qualche loro emanazione? - La seconda ipotesi sembrerà più verosimile; tuttavia, chi oserà decidere fino a che non s’abbiano dati maggiori?
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