La Febosilla del Boiardo, presente pur essa di certo al poeta,(2270) ha qualche altro punto di contatto con Manto. Come questa va debitrice ad Adonio dell’esser scampata alla persecuzione del villano, così essa deve a Brandimarte il riacquisto della sua vera natura. Ma il riscontro è troppo generico; e quel ch’è peggio, Febosilla ha troppe compagne. In modo un po’ meno indistinto, ce la ravvicinerebbe alla figliuola di Tiresia la ricompensa che offre poi al suo benefattore (II, XXVI, 16), se non fosse che le fate non peccano mai d’ingratitudine: lo sa bene Uggeri, rimeritato al momento del bisogno da quella che egli aveva salvata tempo innanzi dalla persecuzione del folletto.(2271) Qui, come si vede, il beneficio avrebbe molta somiglianza col nostro; peccato che manchino le forme serpentine! Sennò, potremmo quasi esimerci dall’accumulare confronti.
Noto di passaggio l’analogia colla storia degli animali riconoscenti, propagatasi in tante versioni dall’India all’estremo occidente, e contenuta anche in parecchi libri più o meno accessibili a Lodovico.(2272) Gli animali non sono sempre i medesimi; [588] ma la serpe è costante. Giacché viaggio lontano, mi permetterò anche un volo più ardito per rammentare la serpe che Sobeide, nelle Mille e una Notte (N. 70), libera da un’altra serpe maggiore. Anche qui il rettile è una fata, e una fata riconoscente, che subito si affaccenda per ricompensare il beneficio, e che riappare poi in sembianze umane alla sua liberatrice. E faccio un passo ancora: prendo un’analogia dalla letteratura indiana.
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