Qui il vecchio signore lo riconosce per il campione dei Cornovagliesi; e non avendo erede, lo induce a restare, promettendogli la sua terra. Egli resta, e dopo meno di un anno raccoglie l’eredità.
Da questi casi alla storia di Ruggiero e Leone, c’è una distanza immensa. Però solo in forma di dubbio e in mancanza di meglio, manifesto il sospetto che nell’idea dell’episodio ariostesco abbia avuto parte il racconto del Tristan. Un parallelo è ben facile a istituirsi. Sadoc risponde a Ruggiero, Pelyas a Leone. Vediamo Sadoc impedire a quelli di Leonois l’acquisto sicuro della Cornovaglia: a quel modo che pel solo Ruggiero è tolto ai Costantinopolitani d’impadronirsi della Bulgaria. Vediamo poi Sadoc capitare nel paese nemico, ed ivi, preso e condannato a morte, scampare unicamente per la cortesia di Pelyas. Tutto ciò, spolpate a questa maniera le ossa, conviene coll’orditura di Lodovico. E in Pelyas e in Ruggiero è pari l’ammirazione per il fortissimo avversario, pari il desiderio di [601] renderselo amico. Anche la maniera come Sadoc e Ruggiero cercano di sdebitarsi, è la medesima. E l’uno e l’altro procacciano al liberatore la loro propria amatissima donna, amata anche da lui. Certo qui Sadoc non lotta tra due sentimenti: egli non sa chi sia quella donna, e quando poi la riconosce, s’affretta a rivendicarne il possesso. Invece s’è trovato a un contrasto non meno doloroso Pelyas, quando stavano sul petrone dei condannati il suo proprio figliuolo e Sadoc. Anch’egli, simile a Ruggiero, deliberò come voleva la riconoscenza, contro la voce del cuore.
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