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      (2325) Invece, somministra ben poco, relativamente, la nostra letteratura cavalleresca anteriore. L’Ariosto, tutt’altr’uomo che i «pedantazzi di montagna» del Folengo,(2326) non si diede pensiero di conoscerla a fondo. Non ignorò la Spagna, il Danese, l’Aspramonte, l’Ancroia, il Guerrin Meschino, l’Historia di Bradiamonte, l’Ugone d’Alvernia, credo, ed altro ancora;(2327) ma non se ne dette gran pensiero. A che fine perdere troppo tempo dattorno a casi monotoni, espressi in una forma rozza per sé, e orribilmente deturpata dalle stampe? Dopo la nuova legge predicata dal Boiardo, l’antica non aveva più allettamenti per gli uomini di gusto. Ciò che il Decalogo conteneva di buono, s’era trasfuso nel Vangelo. Esisteva bensì un altro vecchio codice, dal quale appunto il Conte di Scandiano aveva derivato in parte i principî della nuova religione. Erano [607] i romanzi della Tavola Rotonda. Lodovico, non disposto di sicuro a seguire semplicemente le orme altrui, volle ancor egli frugare là dentro; né davvero le comodità gli mancavano.(2328) E a noi è occorso di accertare, quanti obblighi egli abbia a due segnatamente tra quelle opere.(2329)
      Ma la sua natura, la sua educazione, le condizioni de’ tempi, lo traevano prepotentemente verso l’antichità. Eccolo dunque attingere alle Metamorfosi, all’Eneide, alla Tebaide, all’Argonautica, e così via.
      Queste le fonti principali. Se ne aggiunge una caterva di secondarie, le quali si ribellano a qualsivoglia classificazione. L’Ariosto prende dovunque trova.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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