E che importa la provenienza, una volta che tutto egli sa di poter foggiare come l’arte [608] domanda? Che nell’arte consista davvero l’essenza del poema,(2330) queste ricerche efficacemente confermano. Di fronte a tutti i suoi modelli, l’Ariosto ha un pensiero supremo: conservarne le bellezze, accrescerle, correggere i difetti, dare ad ogni cosa una veste elegante. Di qui il diverso atteggiarsi in cospetto dei romanzieri della Tavola Rotonda e dei classici antichi.(2331) Dai primi egli prende soltanto l’invenzione e il pensiero: dai secondi anche la forma. Nondimeno, avendo coscienza delle proprie forze e preoccupato dall’idea di far cose quanto più belle gli sia possibile, agisce costantemente da padrone e non si appaga di imitare nemmeno quando ha dinanzi Virgilio. Egli vuole, se non altro, arricchire. Da ciò l’uso continuo - non sempre scevro di guai(2332) - della contaminazione,(2333) promosso d’altronde efficacemente anche dal desiderio di conseguire una certa novità.
Con tutto ciò, considerata ogni cosa, si dovrà convenire che se nel Furioso l’arte abbonda dappertutto, in ogni scena, in ogni ottava, in ogni verso, l’invenzione molte volte è scarsa, specialmente per ciò che riguarda l’orditura. Che alla grandezza dell’opera ciò non tolga nulla, è chiaro ad ognuno. Una copia eseguita da mano maestra, produce su di noi gli stessi effetti dell’originale; che se poi un artista sommo, vedendo un quadro concepito felicemente, ma infelicemente eseguito, si appropria l’idea, la disposizione delle figure, perfino, se si vuole, gli accessori, ma poi mette di suo correttezza di disegno, verità di colorito, efficacia di espressione, tutti contempleranno l’imitazione con diletto vivissimo, mentre pochi potranno guardare senza disgusto l’originale.
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Ariosto Tavola Rotonda Virgilio Furioso
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