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      (2334) I critici che parlano a questo modo mi ricordano la [610] favola della volpe e dei grappoli acerbi. Si guardi un poco se giudicando d’una nuova commedia, o di un nuovo romanzo, si applicano codesti medesimi criterî. Allora sì che anche un piccolo furto torna buono per levare alta la voce! E non si ha forse più torto in questo caso di quel che s’abbia nell’altro. O che farebbero i sommi senza una materia da elaborare? Suvvia, siamo giusti: i grandi confiscano in parte il merito di una moltitudine di piccini; essi collocano la bandiera sulla vetta più sublime; da quell’altezza mandano un saluto e riscuotono gli applausi; ma lassù non sarebbero potuti salire senza quella lunga striscia d’uomini scaglionati giù giù per il monte, a cui nessuno bada, confusi come sono col bigio delle rocce. Il vero si è che a creare un’opera immortale non bastano mai le forze di un sol uomo. Tutta un’età, tutto un popolo, e a volte perfino più età e più popoli lavorano in silenzio, finché i tempi siano maturi, e giunga un ingegno atto a trarre partito dalla lunga e lenta preparazione.
      Sicché per il merito d’uno scrittore non è nient’affatto indifferente, secondo me, che abbia trovato egli stesso, o che abbia preso da altri la materia. Se i sommi sono tali anche senza aver inventato gran cosa, gli è che posseggono in grado sommo altre doti, altrettanto e più preziose, che quella d’immaginare una favola. E qui d’altra parte sarebbero da distinguere nettamente i varî generi e le varie età. Della distinzione dei generi l’Ariosto non s’avvantaggerebbe di troppo.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





Ariosto