Se v’ha un genere in cui l’invenzione deve pesare sulla bilancia dei meriti, il romanzo cavalleresco, che si dirige anzitutto alla fantasia, par proprio quello. Invece, se avremo riguardo alle condizioni del tempo, Lodovico sarà assolto a ogni ombra di colpa. O non si vede ch’egli attinge molto spesso a libri ch’erano per le mani di tutti? Chi si appropria sotto gli occhi del pubblico, senza fare il minimo tentativo di celarsi, è chiaro - se [611] non ha perduto il cervello - che crede di agire con pieno diritto. Orbene, sul finire del secolo XV, e pressoché in tutto il XVI, l’imitazione fu eretta dai più a supremo principio dell’arte. Non si andava allora in cerca d’un mondo ignoto: il sommo grado della bellezza sembrava raggiunto; sicché quasi non pareva rimaner altro ai moderni, che di tenersi stretti il più che fosse possibile agli antichi. E poi si vedeva Virgilio aver imitato Omero; ed era Virgilio! Di siffatti principî, grazie alla sanissima tempra del suo ingegno, Lodovico, era meno imbevuto di certi suoi contemporanei; nondimeno, se non gli giungevano fino al midollo, passavano ben più là che la buccia. Sicché, non gli domandiam conto di una colpa che stando al codice de’ suoi tempi era un’opera meritoria. E invero si badi: il Furioso suscitò dal suo apparire critiche acerbe: gli si rimproverò la violazione dei principî aristotelici: nessuno, ch’io sappia, che possa esser preso sul serio,(2335) gli mosse appunto per l’uso che faceva delle Metamorfosi o dell’Eneide. Al contrario, gli apologisti, come ad esempio il Pigna, più tardi il Beni, traggono di qui un argomento di somma lode, e si sforzano di veder somiglianze, anche dove di fatto non esistono.
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