E non escluderò neppure la possibilità che il Corbaccio sia entrato per qualche cosa nella creazione di Lodovico. Che ciò sia sicuro tuttavia, non direi; e ad ogni modo la partecipazione è, secondo me, da ridurre e da presentare in altra maniera.
Sta fermo anzitutto che né la selva né la fonte devono nulla al Boccaccio. Innamorato e Furioso s’accordano nel rendere inconcusso che, se Rinaldo doveva disamorarsi, il disamoramento doveva seguire alla fonte del disamore in Ardenna. Però trovo specialmente fuor di proposito l’importanza che ella dà alla circostanza che nel discorso dell’ombra boccaccesca occorra incidentalmente la parola [682] «beveraggio». E anche il resto è spiegabile senza cercare lontano.
In realtà quale è la condizione di Rinaldo? - Egli è tormentato da «gelosa rabbia» (st. 41) per le notizie che Malagigi gli ha dato. - Come potrà ottenersi l’acquietamento, necessario qui dove il poema deve aver termine? La causa stessa della gelosia racchiude in sé anche il rimedio. Angelica, la superba, colei che tanto ardore aveva suscitato nei cavalieri più eccelsi, s’è ridotta «A farsi moglie d’un povero fante» (XXII, 120); s’è «posta», come ha detto Malagigi, «D’un vilissimo barbaro ai servigi». Gl’incitamenti a smettere un amore non più degno riescono inefficaci al momento; ma agiscono poi. Si traducano in atto questi concetti; si dia parvenza di corpo ai sentimenti; e ne risulterà la scena di cui si cerca la spiegazione.
Che con queste idee per la mente, e dovendo insieme, per le ragioni addotte prima, pensare all’Ardenna, Lodovico si sia anche ricordato del Boccaccio, è come dicevo, possibile.
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