Ma per trasformare alla maniera che da lei si pone la materia boccaccesca nell’ariostea, il cammino da percorrere è più lungo, il lavoro da compiere maggiore, che se ci si limita ad applicare i soliti procedimenti dell’allegoria.
Come cosa secondaria affatto, noterò come le bestie che Messer Giovanni sente mugghiare, siano gli stessi miseri innamorati suoi pari; sicché col mostro dell’Ariosto hanno comune solo la mera apparenza.
Ma sia quel che si vuole, il suo scritto è pur sempre meritorio ed utile...» [poi corr. in utile e meritorio].
[Tra le pp. 612-13]Senato del Regno
Palermo 22 febbr. ’30
Mio caro Rajna,
non capisco come l’editore t’abbia spedito un esemplare senza dedica del mio volume, quando io l’avevo scritta con quella deferenza affettuosa che nutro per te, [683] da quando, circa mezzo secolo fa, ebbi la fortuna di conoscerti. Probabilmente avrà scambiato le copie e mandato la tua a chi sa chi.
Circa la fantasia dell’Ariosto, e la differenza tra la fantasia e la semplice invenzione in generale, dispero pur troppo di poterti ormai piè persuadere, se non ci sono riuscito con le ragioni addotte nel mio scritto, e più con le mie teorie estetiche variamente esposte e applicate in tutta la mia produzione filosofica e critica, nel Saggio su l’arte creatrice, nella Storia delle teorie estetiche, nella Storia della letteratura, ne’ volumi sul Petrarca, sul Meli, e così via seguitando. Tu appartieni, mio caro Rajna, a una generazione nobilissima, che insegnò a me, come tanti altri, la necessità della ricerca storica oculata, cauta, prudente, informatissima - e per questa parte io mi sento veramente tuo discepolo, e ho cercato d’applicare, come meglio potevo, il tuo metodo.
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