Paolo Vermiglione.
(118) [6] LUZIO, Isabella d’Este e l’Orlando Innamorato, in Giorn. stor. della Lett. it., II, 163-64. Nella seconda risposta il Boiardo si serve - non so dire se deliberatamente - di un generico «libro mio».
(119) [7] V. MELZI e TOSI, Bibliografa ecc., 2a ed., p. 85, 87 e 296. Anche il rifacimento del Berni è chiamato Innamoramento d’Orlando nella lettera colla quale l’Albicante ne accompagnò un esemplare alla nuora d’Isabella, Margherita Paleologa (LUZIO, op. cit., p. 167).
(120) [1] «Che per amor venne in furore e matto D’uom che sì saggio era stimato prima».
(121) [2] Già il Lando, La sferza de’ scrittori antichi et moderni. Venezia, 1550, a carte 21 r.o: «Il titolo è di Seneca nella Tragedia detta Hercole Furente». E il Pigna ne’ Romanzi, p. 78: «Et perché è Orlando come Hercole, n’è poi una inscrittione riuscita simile a quella che è in Euripide et in Seneca; che è, Hercole Furioso.»
(122) [3] Questa parola fu adoperata per esprimere cose differenti. Al valore fondamentale e originario, esemplificatoci dall’antica letteratura spagnuolo-portoghese, e anche dalla provenzale, di composizione in versi destinata al canto, s’aggiunse qui da noi una determinazione: si dissero cantari solo le composizioni in versi spettanti al genere narrativo. Da questo significato ne emanarono poi altri due. Da una parte il vocabolo perdette la coscienza di ciò che prima era in esso l’essenziale, e fu applicato altresì a romanzi in prosa; da un’altra - ed è in questo senso che io l’ho adoperato - passò dal significare il tutto ad esprimere le suddivisioni, ossia ciò che i poeti d’arte chiamano canto.
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