(238) [2] Cfr. I, XXVII. L’aiuto, senza che qui s’invochi, si riconosce indeterminatamente dal Cielo, II, XXVII.
(239) [3] Una discreta varietà abbiamo anche nel Mambriano, dove tuttavia la caratteristica più spiccata consiste nell’abbondanza della specie mitologica, e cronologica o meteorologica.
(240) [4] Il Romizi, che nelle Fonti Latine, p. 96, si oppone in parte a questo giudizio e trova che l’Ariosto va ravvicinato soprattutto ad Ovidio, non s’accorge abbastanza di parlare un linguaggio affatto diverso da quello voluto usare da me. Egli guarda a certe doti letterarie: io invece ho la mente alla natura intima degl’ingegni e degli animi.
(241) [1] Ho, come si vede, trattato la questione dei proemî senza far parola di Claudiano, l’autorità del quale, al dire del Lavezuola, p. 3, sarebbe una di quelle (egli stesso insiste maggiormente sul Boiardo) di cui l’Ariosto si sarebbe potuto far «scudo» contro coloro che biasimavano gli esordî suoi, in quanto interrompevano oziosamente l’azione. Egli vuol certo alludere alle Praefationes in distici, le quali già s’erano ricordate dal Pigna (Romanzi, p. 41), ma per avvertire assennatamente, e solo dicendo meno del vero, che «poco quivi convengono». A torto dunque le rimette in campo il Romizi, Riv. crit. d. Lett. it., III, 51. Ma nemmeno all’esordio sulla Provvidenza del primo libro In Rufinum e all’altro sulla Virtù del panegirico De consulatu Fl. Mallii Theodori, allegabili con assai maggiore opportunità, è da consentire un’efficacia qualsiasi.
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