(256) [1] I versi dell’Ariosto (II, 6), «Ché ’l destrier per instinto naturale Non volea far al suo Signor oltraggio», ricordano questi del Boiardo: (I, XXVI, 27) «E quel destrier, come avesse intelletto, Contra Renaldo non volse venire». Anche le ingiurie delle st. 3-4 vengono dall’Innamorato (Ib., st. 33 e 62-64). Le rispondenze furono già avvertite dal Panizzi.
(257) [2] Qualche somiglianza meramente fortuita anche tra la condotta del cavallo di Fierabras e quella di Baiardo. Quel cavallo è feroce ed è solito uccidere e divorare gli avversarî che il suo signore ha abbattuto. Ma, per miracolo divino e con meraviglia di Fierabras, «Vers le comte Olivier n’a guenci ne tourné, Ains s’estut trestous cois desous l’abre ramé.a)»
a) Non s’è piegato né girato, bensì se ne stette tutto quieto sotto l’albero ramoso.
(258) [3] Da ciò probabilmente una spinta a fare i duelli ariosteschi argomento di «Pareri» tecnici, col codice cavalleresco alla mano, anche sotto il rispetto delle cause da cui son provocati e della ragione e del torto degli avversarî. Questi Pareri, apparsi come di «incerto Auttore» nell’ed. Valvassori del 1566 e ristampati nella raccolta veneziana delle Opere pubblicata nel 1730, giovano anch’essi a mettere in evidenza l’assurdità del cercare nel Furioso la satira della cavalleria.
(259) [1] Per efficacia d’arte il più vicino all’Ariosto sarebbe il Pulci. Inutile il dire ch’egli anima col riso la descrizione. Serva d’esempio XV, 32 sgg.
(260) [2] V. pag. 71.
(261) [3] Insieme con questa, il Panizzi richiama anche I, II, 14. Cfr. pure l’Agostini, X, 4.
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