» V. PARIS, Rom. de la T. R., IV, 241.
b) Tutto ciò che.
(412) [2] Cap. XI: I, 111, nella versione del Brockhaus; I, 70 in quella del Tawney.
(413) [3] Cfr. Inn., II, V, 15: «Né fonte né palagio non appare»; Fur., IV, 38 «Né muro appar né torre in alcun lato».
(414) [4] PANIZZI.
(415) [5] Cfr. anche lo sparire del labirinto d’Uriella: Mambr., XXXVII, 94. E quello altresì del «Val des Faulx Amans» (PARIS, Rom. de la T. R., IV, 293).
(416) Gabbia.
(417) [1] T. III, f.o 28 nell’ed. cit.
(418) [2] Anche nel Jaufré c’è una casa incantata, donde non può più uscire chi vi cagioni alcun danno. È abitata da lebbrosi. Vi penetra e vi rimane imprigionato l’eroe del romanzo, che se ne libera, spezzando, come gli è suggerito, «una testa de tozet Enclausa en una fenestra» (RAYNOUARD, Lex. Rom., I, 77). Allora la casa gli rovina addosso con grande strepito, e lampi, e temporale, ed egli resta tutto ammaccato. Alla fine cessa questa maledizione, ed insieme scompare ogni traccia della casa: non delle ammaccature. - Cfr. anche le malie della Città incantata, distrutte in parte collo spezzare un anello, nel Carduino, II, 59.
(419) [3] La magia entra, senza che perciò l’esempio acquisti importanza speciale per noi, in un episodio del Lancelot: la liberazione di Artus e d’altri baroni dalla Roche aux Saisnes, per opera dell’amante di Ginevra. V. PARIS, Rom. de la T. R., IV, 80.
(420) [1] Se non erro, è da questo punto, che il poeta comincia a praticare il suo metodo.
(421) [2] Credo siano i primi esempi, XIII, 42; ib., 44; XIV, 64. Ma l’applicazione del sistema riesce più piena e continua a muovere dal canto XXII.
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