...; ma dopo alquanto Filocolo con pietosa voce così cominciò a dire: O santissimo albore da noi non conosciuto, se in te alcuna deità si nasconde, come crediamo, perdona alle non volonterose mani de’ tuoi danni: caso, non diliberata volontà, ci fece offendere.» Ho messo in corsivo le parole su cui va soprattutto fermata l’attenzione.
(507) [3] Si consideri intanto che il Bastiti e il sanza o senza del primo passo hanno diversa applicazione che il Basti e il Senza della st. 28. Ed altre convenienze potrebbero trovare una spiegazione sufficiente anche in comuni esemplari.
(508) [4] La seconda volta riesce in lui abbastanza manifesta una partecipazione dell’Erisittone di Ovidio, Met., VIII, 751. Nelle Metamorfosi il motivo era già apparso II, 358.
(509) [5] Chiaro come non sia lecito credere derivato attraverso al Boccaccio ciò che è già nel modello. Però contesto in ogni caso al Romizi, l. cit., la correttezza dell’asserzione che «l’Astolfo ariostesco è una bella copia dell’Idalago boccaccesco». Curioso che suppergiù il medesimo si fosse detto dal Lavezuola per l’esemplare indicato da lui. La stretta parentela col XIII dell’Inferno mi suscita qualche sospetto che nella st. 26 possa essere entrato qualcosa dell’episodio finale di quel canto. - Poiché dovrò tra poco ricordare il Quadriregio del Frezzi, rileverò anche in esso, I, IV, 43, un’imitazione del Pier delle Vigne, a cui il Boccaccio sembra aver fornito il nome di Filena per la ninfa mutata in quercia.
(510) [1] PARIS, Rom. de la T. R., II, 270. Cfr.
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