E stranezze siffatte trovavano vogliosa accoglienza. Ché, se le parole citate sono del Toscanella (p. 1, e cfr. p. 253), meritevole di sicuro di un premio in questo bel palio, l’idea era del Fórnari, che aveva parlato di ciò nella P.e 1a, p. 574, e ci s’era dilungato in modo da non credere nella 2a, p. 232 sgg., arrivando a chiamare Astolfo «vero Theologo». Né la mirabile trovata era andata perduta per il Valvassori.
(515) [1] Una imitazione ne occorre anche nel Mambriano, XXVI, 68.
(516) [2] Quindi l’antica strega, ossia la lussuria, dice anche a Dante nel sogno: «Io volsi Ulisse del suo cammin vago» (Purg., XIX, 22).
(517) [3] Di questo romanzo, inedito in un Codice della Biblioteca di Torino e in uno della Nazionale di Parigi, ha dato conto meglio d’ogni altro E. Gorra, Studi di Critica letteraria, Bologna, 1892, p. 1-110.
(518) [4] L’Amorosa Visione del Boccaccio non si potrebbe mettere senza riserva in questa compagnia.
(519) [5] V. CANNETI, Dissertaz. Apologetica, § 7. nell’ediz. del Quadriregio pubblicata a Foligno l’anno 1725.
(520) [1] Non si lasci il lettore trarre in inganno dalle cose erronee dette in proposito dal P. Vincenzo Marchese (Opere, Firenze, Le Monnier, III, 383), toccando per incidenza dell’argomento. Egli moltiplica gratuitamente con un etc. le postille dell’Ariosto attinenti al nostro soggetto, e osa dire aver questi «imitato a capello» i mostri del Quadriregio. Per conseguenza immagina si possa ritrarre dal poema del Frezzi un profitto, che proprio non se ne ricava.
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