(560) [1] NISIELY; PANIZZI.
(561) [2] LÖSETH, p. 59; Trist. Ricc., p. 345; Tav. Rit., I, 226.
(562) [3] V. similmente Hist. litt. de la Fr., XXX, 91 (Rigomer); PARIS, Rom. de la T. R., V, 165 e 168 (Lancelot).
(563) [1] Hist. litt. de la Fr., XXVI, 105.
(564) [2] Un’analogia riporterò anche dai Mille e un giorno (G. 26). Il re del Tibet, tagliando la mano a Dilnuaze, che aveva preso le sembianze della regina e usurpatone il luogo, viene a toglierle l’anello, in cui risiedeva l’incanto. «Non appena», egli dice, «ella ebbe mozzata la mano, il suo bel viso scompare, e più non mi vidi dinanzi che un’orribile vecchia».
(565) [3] V. pag. 179; Notte 280; VI, 129, ediz. cit. Genti mutate in bestie, rese alla loro vera forma, anche nel Carduino, II, 64.
(566) [4] Odissea, X, 388. PARTENIO, cap. XIII.
(567) [5] Il ravvicinamento è del Dobelli (V. pag. 177, n. 3), p. 45.
(568) [6] Mambr., VIII, 7. Cfr. poi colla st. 57 del Furioso queste altre parole: (Mambr., VIII, 11) «Lasciàn costei che si lamenta e duole, E ritorniamo un poco ai duo cugini».
(569) [1] Pag. 133.
(570) [2] Anche della prima parte del verso, «Clara micante auro», si sente come un eco nell’Ariosto; ed essa servì in certo modo di rallacciamento con Apuleio.
(571) [3] Si cfr. nei Lapidaires français del Pannier (Bibl. de l’Éc. des Hautes Études, n.o 52) le pp. 52, 95, 134, 163.
(572) Potrebbe.
(573) [4] La descrizione di questo padiglione fu pubblicata da Fr. d’Ovidio per nozze D’Ancona-Nissim (Il Padiglione di Foresto - Dall’«Attila Flagellum Dei» -, Imola, 1871); e, credendo di far cosa nuova, la rimise in luce, dando tuttavia di più, E. Sola, negli Opusc. relig., letter, e mor. di Modena, S.e 4.a, t. XVI (1884). Insieme con questo padiglione, ne potrei citar altri, che si troveranno menzionati nel cap.
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