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(597) [2] Met., VIII, 271.
(598) [3] È una vera anomalia, se Igino nelle Favole (LXIV) pone che la bellezza vantata a questo modo da Cassiope o Cassiepea sia quella della figlia. Parla altrimenti egli stesso, Astron., II, 10.
(599) [4] Alluderà bene alla versione comune anche Manilio, dicendo di Andromeda, Astron., V, 540, «Hanc quondam poenae dirorum culpa parentum Prodidit». Cfr. OVIDIO, Met., IV, 670. Sul plurale «parentum» non c’è ragione di fantasticare.
(600) [1] PRELLER, Griech. Mythol., 3.a ed., I, 482.
(601) [2] IGINO, Fab. 186.
(602) [3] Id., Fab. 187.
(603) [4] Si tratta di inondazione. Cfr. APOLLODORO, Bibl., II, 4, 3, 2.
(604) [5] Anche nella storia di Alcioneo (ANTONINO LIBERALE, Metam., cap. VIII) si richiede una vittima sola. Non però una femmina, bensì un fanciullo della città. Il nome dell’infelice si trae a sorte, come accade per Esione.
(605) [1] Il mostro è qui un orribile serpente, che si crede mandato in punizione di un fratricidio commesso dal re e consentito dal popolo. Forisena, sulla quale è ora caduta la sorte fatale, non è qui propriamente esposta, giacché in vece sua escono i tre baroni cristiani. Col Furioso, X, 112, cfr. questa riflessione di Ulivieri: (Morg., IV, 51) «Questa non è, dicea, carne da darla A divorare alla fiera crudele, Ma a qualche amante gentile e fedele.» E poco dopo (st. 53): «Non mangerà sì bianco pan per certo Quest’animal, ch’egli è pasto da amanti».
(606) [2] Chi, al pari di me, non possa valersi della rara edizione pubblicata nel 1873 dal Michel per il Roxburghe Club, si contenti di ricorrere all’Hist. litt. de la Fr., XXVIII, 150.
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