(665) [4] SESTO EMPIRICO, Adv. Mathem., III, 256; LICOFRONE, v. 33-38; TZEZTE, Commento a questo luogo.
(666) [5] Sarei più imbarazzato a dire donde abbia presa la propria l’Agostini, III, 45-51. Egli narra di una belva marina (così la chiama, quantunque siamo in terra), smisurata a segno, che v’entra Rinaldo a cavallo, e accanto a lui il gigante Scardaffo montato sopra un’alfana. Là dentro il figliuolo d’Amone tanto lavora colla spada, che la belva cade morta. Quindi, insieme col compagno, esce fuori dall’estremità opposta.
(667) [1] V. la nota 2 nell’ediz. Le Monnier delle Opere Minori del nostro poeta, I, 87.
(668) [2] Storia Veridica, II, 1: «Solo il dodicesimo giorno riflettemmo che se non si fossero puntellati i denti mascellari, quando [il mostro] apriva la bocca, in modo da impedire che li richiudesse, si sarebbe corso pericolo di morire anche noi rinserrati nel cadavere. Però, puntellata la bocca con grandi travi,…..». Cfr. Fur., XI, 38-39.
(669) [3] V. pag. 149.
(670) [4] L’autore del Tirante si prende sempre gran cura di tutte le particolarità tecniche.
(671) [1] Cfr. st. 41: «L’Orca a seguire il canape è constretta Da quella forza ch’ogni forza eccede; Da quella forza che più in una scossa Tira, ch’in dieci un argano far possa.»
(672) [2] Secondo altre versioni, Agenore (IGINO, Fab. 61).
(673) [3] Il nome, l’Ariosto lo ha dal Boiardo, presso il quale un Oberto del Leone è ricordato spesso, sebbene faccia da semplice comparsa. Egli era l’eroe di un romanzo, che il Boiardo cita, e che a me fino ad ora non è riuscito di ritrovare: (Inn., I, XIV, 41) «Non so, signor, s’odisti più contare L’alta prodezza de quel forte Oberto; Ma fu nel vero un baron d’alto affare, Ardito e saggio, e d’ogni cosa esperto.
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