(FREYMOND, p. 95.) Ma è un incontro casuale. E il caso fa che uno più prossimo ci sia dato da un poema germanico, il Wolfdietrich, dove precisamente le armi del protagonista suscitano la cupidigia dei malandrini (st. 510-11; VON DER HAGEN, Heldenbuch, Lipsia, 1855, I, 139).
(737) [4] V. 271: «Ecce rapit mediis flagrantem Rhoetus ab aris Pruniceum torrem,» ecc. Il Lavezuola pone come modello anche il tizzone che si lancia da Corineo nell’Eneide, XII, 298; e il Romizi, Fonti lat., p. 101, aggiunge terzo quello di cui si vale contro Ati Perseo, Met., V, 56, quand’è assalito presso Cefeo da Fineo e da’ suoi. Ma se questi pure poterono venire alla mente e meritano un ricordo, le concomitanze li ammoniscono di non voler troppo presumere.
(738) [1] Stazio lo fa scagliare da Folo, anziché da Teseo (Theb., II, 564).
(739) [2] Theb., II, 564: «... Stupet obvia leto Turba super stantem, atque emissi turbine montis Obruitur; simul ora virûm, simul arma, manusque, Fractaque commixto sederunt pectora ferro. Quatuor hic adeo, dejecti, mole sub una Congemuere».
(740) [3] Avvezzi nel mondo reale, e per conseguenza anche nelle finzioni poetiche. Così, ad es., nel XIV cantare del Danese, Orlando e i compagni impiccano i ladroni, nella cui caverna avevano preso ospizio. Vedasi anche l’episodio del Fortunato, pag. 227.
(741) [4] V. pag. 138.
(742) [1] Quindi anche il proverbio, vero per ogni tempo, che il Lavezuola ricorda: «Comes in via facundus pro vehiculo est.»
(743) [2] Dei passi richiamati dal Romizi, Fonti lat., p. 48, pare assai probabile che l’Ariosto avesse presente il «varioque viam sermone levabat» dell’Eneide, VIII, 309.
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